Le notifiche sono come lo zucchero (pt. 1)

Andrea Cola
6 min readNov 6, 2020

“Ma hai sempre il telefono in mano” cit. mia mamma Lorena

Oggi inizio a condividere con voi qualche riflessione che sto facendo da tempo su social network, fake news e tutto ciò che ne consegue.

In questo 2020 molto difficile spesso mi sono trovato ad intavolare discussioni con persone le cui argomentazioni erano sostenute da “Ma l’ho letto su Facebook!”. Dopo avere sentito una, due, tre volte questa affermazione mi sono chiesto come siamo finiti ad avere un mondo in cui Facebook è un canale di informazione/educazione.

Ho da sempre sostenuto l’avanzata di Facebook, Instagram & co. ma in un’ottica piuttosto “lite”. Non ho mai apprezzato chi li usa come forum di discussione, canali di diffusione di notizie e simili. Sebbene il tempo che spendo navigando in queste app non è poco, l’uso che ne faccio è ludico o “per passare quei 10 minuti prima della cena”.

Oggi inizio a raccontarvi una storia che ho diviso in “pillole” in modo che possiate spendere meno di 5 minuti per leggerle. La cosa importante è che ogni pillola possa suscitare in voi un’idea, una riflessione. Molte delle cose che scriverò potranno essere etichettate come “scoperta dell’acqua calda” oppure “complottismo”, per questo motivo vorrei che se iniziate a leggere una pillola, la leggeste fino in fondo. Non sarò io a dirvi che non sono un complottista e che non ci sono contenuti banali, sarete voi a giudicare da vere persone libere.

Questo viaggio terminerà quando sarà chiaro perché le notifiche sono come lo zucchero. Iniziamo.

Il primo messaggio che voglio trasmettere è molto semplice ma su di esso spenderò un paio di articoli per cercare di spiegarlo nel modo più chiaro possibile. La tecnologia semplifica la nostra vita ma ci fa perdere la possibilità di scegliere, quindi ci toglie libertà.

Per motivare questa frase devo raccontarvi di uno degli attori principali di questa storia: la dopamina, la quale può essere considerata l’arma segreta più potente di tutte le grandi aziende tech. La dopamina è un neuro-trasmettitore molto potente che è associato al piacere e alla ricompensa. Quando il nostro cervello “vive” esperienze che ci rendono felici esso rilascia dopamina facendoci sentire bene. La dopamina è molto importante perché spinge il cervello a pensare che se compie di nuovo un’azione che ci fa stare bene allora riceverà un’altra “dose” di dopamina. Per questo motivo quando si prospetta l’opportunità di compiere quell’azione, verrà rilasciata in anticipo una piccola quantità di dopamina spingendoci a compierla per ricevere come ricompensa una quantità maggiore di dopamina.

Dovete sapere che la dopamina è coinvolta nella maggior parte delle dipendenze conosciute (droga, alcol, fumo, sesso). Appare evidente che quando la tecnologia semplifica la nostra vita, ci rende felici rilasciando grandi dosi di dopamina spingendoci alla dipendenza dell’ultimo ritrovato tech. Quando siamo dipendenti da qualcosa non siamo più liberi di scegliere.

Come viene sfruttata la dopamina dai social network?

Potrebbe sembrare assurdo (o complottista!) ma tutte le compagnie hi-tech hanno processi di design dei prodotti, dei servizi e delle applicazioni dedicati a sfruttare il più possibile il sistema dopaminico. Addirittura, ci sono interi team di psicologi dedicati a trovare soluzioni per incrementare la dipendenza dai prodotti/servizi tech.

Ma qual è lo scopo? Perché le compagnie hi-tech vogliono renderci dipendenti dai loro prodotti/servizi?

La risposta è ovvia e molto semplice, il denaro. Tanto denaro.

Da dove arriva il denaro dato che i servizi di Google, Facebook, Snapchat & Co. sono gratuiti?

In economia c’è una regola molto semplice: se non paghi per il prodotto, sei tu il prodotto. Gli introiti di queste società che hanno capitali multi-miliardari provengono per la maggior parte dalle pubblicità che vengono inserite nei loro prodotti. Più un’inserzione riceve interazioni da parte degli utenti finali e maggiore saranno gli introiti.

Da queste due risposte deduciamo che il modo migliore per aumentare gli introiti e farti vedere più pubblicità possibile e per farlo devi usare il più possibile il social network. Tutto è una questione di tempo e per rubarti il tempo il miglior alleato è… indovinate… la dopamina!

Rubarti il tempo forzandoti a fare qualcosa che non vuoi, causa frustrazione e nel lungo periodo ti allontanerai dal social network. Al contrario, se il tempo lo consumi di tua spontanea volontà perché la dopamina rilasciata dai like che ricevi ti rende felice allora è tutta un’altra storia!

Uno dei fondatori di Facebook, Sean Parker ha più volte dichiarato alla stampa che il social network era stato creato per unirci ma che quando fu il momento di monetizzare Facebook è stato gradualmente trasformato in uno strumento per distrarci e rubarci tempo. Ogni aspetto Di Facebook interagisce con il nostro sistema dopaminico:

  • Ogni volta che postiamo una foto che ci piace riceviamo una dose di dopamina
  • Ogni volta che mettiamo un like ad un meme che ci fa ridere riceviamo dopamina
  • Ogni volta che mettiamo un commento stupido sotto “Calciatori brutti” riceviamo dopamina.

Tutte queste micro-azioni ci fanno stare bene e il prezzo per compierle è nullo, basta un “tap” sul bottoncino del like. Quindi continueremo a compiere queste micro-azioni rimanendo molto più tempo su Facebook, aumentandone i profitti.

Attenzione che Facebook guadagna denaro anche solo quando passiamo davanti ad una pubblicità, non è necessario entrarci.

Lo strano caso Instagram

Qualcuno potrebbe obbiettare che negli ultimi anni i social network dell’orbita Facebook stanno adottando misure che tendono a ridurre la dipendenza. È un’affermazione falsa e vi faccio un esempio per dimostrarlo.

Poco più di un anno fa, Instagram ha colto tutti di sorpresa annunciando la rimozione del contatore dei like sotto ogni post nell’applicazione. La società di Menlo Park spiegò che l’intento era di ridurre la dipendenza dal proprio social network, soprattutto tra i giovani. Questa mossa fu una reazione ad alcuni spiacevoli episodi che riguardavano giovani (anche minorenni) in tutto il mondo, i quali compivano atti estremi perché vittime di bullismo o di scarsa popolarità su Instagram.

E fino a qui tutto ok! Qualunque potrebbe dirmi dov’è il problema?. Il problema non è qua perché togliere il contatore sicuramente mitiga molti problemi del social network. Ma facciamo uno step in più, anzi facciamoci una domanda in più: è davvero scomparso il contatore dei like?. La risposta è: no, gli utenti non hanno mai smesso di vedere il contatore dei like relativo ai propri post.

È proprio qui che si trova l’inganno. Vi faccio questa domanda: quante volte non avete postato una foto su Instagram con la paura di ricevere pochi like anche se vi piaceva molto?

L’abile mossa di togliere il numero dei like ha come scopo quello di incentivare gli utenti “meno popolari” a postare quello che vogliono senza timore del giudizio severo del pubblico. Nessuno si metterà mai a contare i vostri like sotto i post. Nessuno apparirà sfigato se il numero di like non è quello atteso perché nessuno vedrà i tuoi like. Ma attenzione, ogni utente può vedere il proprio contatore quindi Instagram non ha eliminato il problema, lo ha solo spostato.

Va detto che se Instagram avesse davvero voluto difendere i suoi utenti e ridurre la dipendenza da social, avrebbe nascosto il contatore dei like a tutti. Invece questa operazione è stata fatta per aumentare la popolarità di Instagram grazie alla crescita di apprezzamento da parte dell’opinione pubblica per l’attenzione (finta) ai propri utenti. Mentre dall’altro lato a Menlo Park si sono assicurati che la dopamina continui a svolgere il suo lavoro.

Conclusioni e prossimo episodio

Spesso esaltiamo queste fighissime piattaforme, io per primo, ma dobbiamo ricordarci che noi siamo il prodotto. E in quanto prodotti, siamo venduti. Qualsiasi cosa ci viene proposta è volta ad aumentare la nostra dipendenza dai social network e dalla tecnologia in generale. Conosco tante persone che dicevano “Io non saprei cosa farmene di uno smartwatch!” e oggi ne hanno uno al polso e non lo mollano mai.

Nel prossimo articolo vi racconterò qualcosa di più specifico su come la tecnologia viene disegnata per creare dipendenza. Farò degli esempi specifici, alcuni atipici.

Non correte a bordo piscina. Ciao.

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